Dopo qualche mese di voluto silenzio stampa, eccomi di nuovo qui con un articolo attirerà le ire dei colleghi che inseguono il posto fisso (o, parafrasando il gergo social, il “post fisso”) a vita: chi si occupa di web marketing ha un ruolo spesso non compatibile con la “qualifica italiana” da dipendente. Ma andiamo con ordine.

Digital Marketing Strategist, Social Media Manager, Copywriter, SEO e SEM Specialist…a parte i ruoli, che spesso le aziende confondono e mischiano nei processi di recruiting, chi fa web marketing lo sa: l’aggiornamento costante è alla base di qualsiasi strategia ed impatta su qualsiasi processo.

Marketing e comunicazione

Il marketing è strettamente correlato ai processi comunicativi. E questi evolvono ad una velocità non misurabile. La comunicazione deve essere sempre più accattivante e diretta, perché la soglia di attenzione è sempre più bassa. Ma non solo. La comunicazione è sempre più parcellizzata su vari media, che non vanno alla medesima velocità e non sono tutti perfettamente integrabili nelle strategie di branding specifiche dell’azienda.

Risultato? Una parte della giornata lavorativa di chi lavora sul web deve, per forza di cose, essere dedicata all’aggiornamento, alla verifica dei trend e ai test di nuove piattaforme e strumenti.

Ma le aziende lasciano spazio?

Vi riporto la mia esperienza diretta come consulente. Da quattro anni lavoro a stretto contatto con gli uffici marketing di parecchie aziende. Ciò che emerge è sempre la stessa cosa: percezione del valore confusa col potere di spesa.
Non parlo di realtà medio grandi che sono strutturate per recepire le dinamiche di mercato. Parlo del 90% delle aziende italiane, quelle micro e piccole-medie imprese che costituiscono il tessuto produttivo italiano.

Quando si parla di marketing, l’imprenditore medio si perde tra la tanta motivazione iniziale e la scarsa definizione del perimetro di lavoro. In altre parole, spesso manca l’ammissione di non riuscire a definire l’obiettivo e, quindi, emerge la poca propensione a farsi aiutare.
Come conseguenza, per un addetto ai lavori lo spazio di azione risulta limitato e l’ingerenza del management diventa castrante. Il criterio è tristemente semplice: tu riporti a me, ti dico cosa fare o mi dici cosa può essere fatto, ma comunque io voglio questo. Ciò vuol dire: addio programmazione e lungimiranza. Vi ci ritrovate?

Imprenditori e marketer: onori ed oneri

Ammorbidiamo i termini: la colpa non sta nell’imprenditore, non solo per lo meno. Proprio perché il settore digitale è in continua evoluzione e freneticamente attivo, per il professionista la parte più importante sta nell’esprimere chiaramente questo concetto da subito. In fase di colloquio deve emergere la necessità di sperimentare, di fare test alternativi, di misurare non solo i risultati ma le differenze di risultati tra un metodo ed un altro. Per fare tutto questo ci deve essere il tempo da dedicare allo studio dei trend: fa parte del lavoro del digital marketer a tutti gli effetti.

Le strategie non sono statiche. Il marketing non ha come scopo il numero nudo e crudo, bensì l’obiettivo da raggiungere e capire come migliorarlo. È un processo iterativo. Si tratta di un ordine mentale in continuo equilibrio tra dati e creatività.

In definitiva, chi si occupa di web marketing deve dedicare un buon 15% della propria giornata lavorativa allo studio, all’analisi dei trend, alla verifica delle dinamiche comunicative della propria nicchia di mercato. Chi vuole entrare in azienda come dipendente ha il dovere morale e pratico di fare presente queste dinamiche in fase di colloquio, nel caso non siano chiare all’interlocutore.

Il mercato va assecondato e guidato di conseguenza. Lo stesso concetto va assimilato dal committente che punta a quel mercato. È per questo che bisogna sempre lavorare per obiettivi, e trovare il criterio comune per definire quegli obiettivi: il paradigma non può essere dipendente-capo, bensì cliente-fornitore anche se il contratto prevede subordinazione.

Ma gli oneri e gli onori stanno da entrambe le parti. Se mancano la visione, la professionalità e la fiducia, il castello crolla in fretta. Ci deve essere un cambio di mentalità attraverso il dialogo aperto e l’educazione digitale.

Patti chiari amicizia lunga

Insomma, l’articolo è volutamente provocatorio, poiché i concetti di rapporto dipendente-direzione o consulente-fornitore sono semplici sfumature che possono trovare equilibrio formale in una definizione contrattuale condivisa. Ciò che è importante è il percorso che porta alla collaborazione: può essere lungo e non come ipotizzato, ma deve comunque essere chiaro, per evitare mal di pancia.

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