Le bufale non sono mai facilmente definibili come tali perchè spesso contengono al loro interno elementi veritieri, di dominio pubblico, che si mischiano all’artificio o addirittura lo corroborano, se ben giostrati. La canzone dei vincitori di Sanremo potrebbe essere presa ad esempio di come la responsabilità dei giornalisti giochi un ruolo fondamentale nell’educazione digitale.
Si lancia il sasso per smuovere la superficie, quando sotto la superficie già qualcosa si sta muovendo. 
Nel caso in oggetto le analisi sul testo e sulla musica incriminata erano già in atto, ma si è cercato il casus belli per dare risonanza agli interessati e agli eventi. Per carità, non si puó parlare di bufala perché l’oggetto è stato sapientemente posto sotto forma di questione. Ma il modus operandi è quello. Se l’atteggiamento degli addetti ai lavori è quello che viene sottolineato e giustificato nel filmato sottostante allora il problema è realmente a monte.

Ci hanno abituato ad assimilare notizie non filtrate, in un’eterna ricerca dello scoop. La velocità prima di tutto per poter affermare “siamo stati noi”. Questo porta ad un’assuefazione al modo di assimilare e digerire l’informazione La colpa non è più nel pubblico che interagisce sui social ma nell’origine del dato, non verificato, non analizzato e non supportato, come dovrebbe essere in nome dell’onestà intellettuale. Probabilmente ci dobbiamo fare l’abitudine perché il flusso di informazioni ha sempre minori barriere all’ingresso. Però, come utenti, possiamo fare la nostra parte, evitando di prendere per oro colato tutto ciò che ci viene propinato, solo perché stimola la nostra empatia. Andando oltre e contando fino a dieci prima di lanciarci nella mischia. Il giudizio fa parte della nostra natura, così come il ragionamento che lo equilibra. O no?
P.S. Meta-Moro può sembrare un mostro mitologico che seduce i passanti con i propri canti ma non lo è: sarebbe una fake news. 😉